Link veloci per leggere le descrizioni dei tè
Orientarsi nel vastissimo mondo del tè giapponese può, a prima vista, sembrare un’impresa complessa, soprattutto per chi si avvicina per la prima volta a questa cultura, così ricca e varia.
Quando ci si trova di fronte a terminologie complesse, denominazioni sconosciute o descrizioni fin troppo complicate, è facile sentirsi in difficoltà nella scelta del tè giusto per noi.
Per questo motivo è importante conoscere alcune semplici informazioni di base, fondamentali per poter capire le differenze tra le varie tipologie di tè giapponese e poter quindi iniziare a muovere i primi passi nel mondo di questa straordinaria e nobile bevanda.
Il primo e più importante modo in cui i tè sono classificati è il livello di ossidazione: tè verde (0-5%), tè bianco (5-15%), tè oolong (15-85%), tè nero (85-100%). L’ossidazione è un processo chimico naturale per cui le foglie, una volta raccolte, a contatto con l’aria diventano man mano più scure e di colore bruno (lo stesso che avviene quando, ad esempio, si taglia una mela) e i sentori vegetali, erbacei e freschi (tipiche dei tè verdi) fanno spazio a note più dolci, floreali e fruttate (tipiche dei tè neri e degli oolong).
Attenzione: l’ossidazione non è da confondere con la fermentazione, che è un processo microbico o enzimatico tipico dei tè scuri come i pu’er.
In Giappone il 95% del tè prodotto è tè verde. La pianta che produce il tè verde giapponese è la Camellia Sinensis var. sinensis, che a sua volta si dirama in svariate cultivar autoctone.
Per bloccare il processo di ossidazione delle foglie di tè, che inizia non appena queste vengono staccate dal ramo, esse vengono cotte al vapore (o più raramente cotte in padella) immediatamente dopo la raccolta. La cottura a vapore può essere di diverso tipo, in base alla durata: asamushi indica una cottura leggera (20-40 secondi), chumushi indica una cottura media (40-60 secondi) e fukamushi indica una cottura intensa (più di 60 secondi). Il livello di cottura è molto importante sia per l’aspetto che per l’aroma del tè: più questa è intensa più le foglie saranno spezzettate e l’infuso sarà verde brillante, mentre una cottura leggera creerà un tè dalle foglie aghiformi e dall’infuso chiaro giallo paglierino.
Dopodichè le foglie passano attraverso diverse fasi di arrotolatura: dei macchinari appositi lavorano, torcono e arrotolano le foglie fino a dar loro una forma sottile e allungata, simile ad aghi di pino. Più vengono arrotolate, più saranno lunghe, lucide e di un verde scuro brillante. A volte l’arrotolatura viene fatta a mano, e si ottiene un tè rarissimo dalle foglie straordinariamente lunghe detto “temomicha”. Al giorno d’oggi sono davvero pochi i maestri in grado di lavorare il tè con la tecnica “temomi”.
A questo punto le foglie di tè vengono essiccate in grandi forni ad aria calda per eliminare l’umidità residua e separare le foglie una dall’altra.
Si passa quindi alla fase del sorting: un procedimento che separa le foglie dagli steli, dagli scarti di lavorazione (polveri, residui) e dalle parti anomale o danneggiate, chiamate “demonocha”. Spesso il tè raccolto non viene immediatamente rifinito e venduto ma il te “grezzo” (non –sorted) viene sigillato in grandi sacchi e conservato a basse temperature per essere rivenduto dai contadini a grandi aziende che si occuperanno del sorting e delle fasi finali oppure per essere lavorato man mano durante l’anno. Questo tè è detto aracha.
Dopo il sorting, il tè viene di nuovo cotto al vapore e arrotolato, per ottenere la forma desiderata, più aghiforme e lucida rispetto al prodotto grezzo. Il prodotto finito viene chiamato “shiagecha”.
Alla fine il tè è pronto per essere confezionato e venduto.
Quando si parla di tè verde giapponese ci si trova di fronte ad una varietà enorme di tipologie. Quali sono quindi i diversi tipi di tè verde?
Sencha 煎茶
Di tutto il tè verde prodotto in Giappone, il sencha occupa il 60%. Con sencha si indica un tè non ombreggiato di primo raccolto (first flush), di cui si raccolgono solamente le prime 2-3 foglie durante la primavera (fine aprile – inizio maggio). Il processo di lavorazione del sencha è stato codificato nel 1738 da Nagatani Soen ed è quello utilizzato tuttora. Dal momento che è il tè più prodotto, il sencha presenta un’infinita varietà di forme, sapori, profumi e aromi che dipendono dalla zona di provenienza, dal clima di una certa regione, dal terreno, dalle cultivar e dallo stile di lavorazione.
Shincha 新茶: “tè nuovo”, è un particolare tipo di sencha che viene venduto immediatamente dopo essere stato raccolto e lavorato (e non sigillato e conservato in celle frigo, per poi essere venduto durante tutto l’anno, come avviene per il sencha) e che quindi mantiene tutta la freschezza e l’aroma delle giovani foglie appena spuntate in primavera.
Bancha 番茶
Col termine bancha si indica sia una tipologia di tè che una categoria. Come tipologia, si riferisce ad un tè verde non ombreggiato di raccolto più tardo (second, third o fourth flush), di cui vengono selezionate le foglie più grandi e mature (dalla terza in giù) che vengono poi lavorate come un sencha, ottenendo un tè dalle foglie più grandi, schiacciate e di color verde opaco. Solitamente il bancha è considerato un tè di qualità media, inferiore al sencha e quindi bevuto quotidianamente. Come categoria, invece, indica o dei tè regionali (es. kyobancha o batabatacha) o dei tè ri-lavorati che hanno come base il bancha (es. hojicha o genmaicha).
Kyobancha: tè prodotto nella sola zona di Kyoto, utilizzando le foglie e i rametti ottenuti dalla potatura invernale dei cespugli di tè. Questi vengono quindi cotti a vapore e asciugati direttamente, senza passare la fase di arrotolatura, per questo le foglie sono aperte e intere. In seguito le foglie vengono sottoposte ad una intensa arrostitura che dà loro il caratteristico aroma affumicato (più o meno forte).
Sannen Bancha: il suo nome significa “tè dei 3 anni” in quanto le piante vengono lasciate crescere libere per 3 anni e in seguito potate, raccogliendo foglie e rami. Una volta che steli e rami sono stati sminuzzati, viene cotto a vapore, essiccato, arrostito sul fuoco e lasciato poi stagionare per almeno 3 mesi per rendere più delicato e morbido l’aroma. Questa lavorazione riduce il livello di caffeina e catechine.
Genmaicha 玄米茶
Tè verde con chicchi di riso tostato e soffiato che unisce la delicatezza e freschezza del bancha all’aroma tostato e dolce del riso. Il genmaicha rientra nella categoria dei bancha, in quanto al prodotto finale viene aggiunto del riso. Il genmaicha può comunque essere fatto con tè bancha o tè sencha e, nell’ultimo caso, essere di qualità superiore. Ne esiste una variante con aggiunta di tè verde matcha chiamato “Matcha&Genmaicha”.
Hojicha 焙じ茶
Tè verde tostato dal caratteristico aroma di orzo, cacao e caffè. L’hojicha viene prodotto con tè verde di raccolto tardo estivo o autunnale (rientra quindi nella categoria dei bancha), cotto a vapore, arrotolato ed essiccato. Dopo l’essiccatura il tè viene arrostito e le note tipicamente vegetali vengono sostituite da un aroma più dolce e rotondo. Esistono due tipi di hojicha: Gold Roast, fatto con bancha estivo e dalla tostatura più delicata che lascia le foglie giallo-dorate e un aroma ancora leggermente vegetale, e Dark Roast, fatto con bancha autunnale tostato per due volte fino ad assumere un colore marrone scuro e un aroma intenso di cacao e orzo.
Kukicha 茎茶
Tè in rametti naturalmente a bassissimo contenuto di teina e catechine (che si concentrano prevalentemente sulla foglia). Ricco di vitamine, minerali e aminoacidi, è il tè perfetto per una buona digestione e per chi è sensibile alla caffeina. Durante la fase di sorting, gli steli vengono separati dal resto della foglia e si ottiene così il kukicha. Se viene prodotto utilizzando i rametti e gli steli dei tè ombreggiati (kabusecha e gyokuro) allora si parla di Kukicha Karigane. Ha un aroma fresco e delicato, ricco di umami.
Kamairicha 釜炒り茶
Tè verde cotto in padella, e non al vapore, per bloccare l’ossidazione delle foglie. E’ un tè molto raro, prodotto solamente in alcune zone del Kyushu. Saltare le foglie in una padella simile al wok è un metodo tipicamente cinese di lavorare il tè, risalente a più di 500 anni fa. Questa cottura particolare conferisce al tè la caratteristica forma arricciata (le foglie infatti non vengono arrotolate ad ago) e il tipico aroma dolciastro, fresco e leggermente tostato.
Fino ad adesso abbiamo parlato di tè le cui piante crescono in pieno sole e le differenze che li rendono riconoscibili l’uno dall’altro, sia nell’aspetto che nell’aroma, sono dovute prevalentemente al periodo di raccolta, al tipo di cottura e al tipo di lavorazione successiva.
C’è tuttavia una categoria a parte che comprende i tè ombreggiati. L’ombreggiatura è un trattamento particolare a cui vengono sottoposti solo alcuni tè molto pregiati. Essa consiste nel coprire, con dei teli scuri o delle stuoie, i cespugli di tè per ridurre l’apporto di luce solare fino anche al 95-98% e in questo modo far sì che la pianta produca più clorofilla e più aminoacidi. Si ottiene così un tè dal colore verde intenso, privo di astringenza (data dalle catechine, che aumentano invece con l’esposizione solare) e ricco di umami.
L’ombreggiatura può durare pochi giorni o diverse settimane e ne esistono diverse tipologie:
– ombreggiatura moderna o “jikakabuse”: si usano dei teli in plastica nera, a trama più o meno fitta, che vengono posti direttamente sopra la pianta. Di solito si inizia con un telo a maglia più larga che viene poi sostituito con uno a trama più fitta a metà del periodo di ombreggiatura. Le foglie vengono raccolte a macchina. E’ il metodo più utilizzato e più economico.
– ombreggiatura tradizionale: viene costruita una struttura “a baldacchino”, alta circa 2/3 metri, attorno e sopra alla piantagione, che permette alle piante di respirare e crescere liberamente. Se la struttura è costruita in metallo e viene coperta con teli in materiale sintetico (la più diffusa) si parla di “kanreisha”, se invece la struttura è il legno o bambù e ricoperta di stuoie e paglia si chiama “honzu” (molto antica e usata solo raramente). In questo caso le foglie devono essere raccolte a mano ed è per questo un metodo molto dispendioso.
Kabusecha かぶせ茶
Letteralmente “tè ombreggiato”. E’ a metà tra un sencha (non ombreggiato) e un gyokuro (totalmente ombreggiato) in quanto viene coperto per un massimo di 14 giorni. Rispetto al sencha ha un aroma più ricco e un umami più marcato, nonché foglie visibilmente più scure e brillanti.
Tamaryokucha 玉緑茶
Tè molto raro prodotto solo in alcune zone del Kyushu. Il suo nome significa “tè verde appallottolato” o “tè verde prezioso”. Anche in questo caso le piante vengono ombreggiate per circa 1-2 settimane e le foglie lavorate come un sencha, con l’unica differenza che vengono saltate le fasi finali di arrotolatura (che rendono la foglia aghiforme) e si ottiene così un tè dalla forma leggermente arricciata. Si ottiene così un tè verde brillante, anche nell’infuso, con un ricco bouquet aromatico fruttato e umami.
Gyokuro 玉露
Il più pregiato tra tutti i tè giapponesi in foglia. Il suo nome significa “rugiada preziosa” ad indicare il suo pregio e la sua ricchezza aromatica. Il gyokuro viene ombreggiato per 20-40 giorni circa. All’ombra dei teli, si riduce la produzione di catechine mentre aumenta quella di L-teanina e particolari aminoacidi che danno a questo tè il suo tipico aroma umami dolce-sapido, intenso, ricco e complesso detto “ooika”. Dopo la raccolta, la lavorazione è la stessa del sencha (cottura al vapore, arrotolatura, essicatura, sorting ecc.) ma, a differenza di quest’ultimo, le foglie sono più scure e brillanti e ricchissime di umami, dolcezza e sapidità.
Tencha 碾茶
Il prodotto grezzo per la produzione del tè matcha. Come per il gyokuro, il tencha viene ombreggiato per almeno 3 settimane ma, una volta cotto a vapore, non viene arrotolato, ma le foglie vengono subito essiccate, private di rametti e venature, fino ad ottenere dei fiocchi (simili a scaglie di pesce) e poi macinate a pietra per ottenere una polvere sottilissima: il matcha. Possono essere anche utilizzate per l’infusione.
Matcha 抹茶
Tè verde in polvere utilizzato durante la cerimonia del tè giapponese. Il matcha si è diffuso a partire dal XVI secolo, ma fu il grande Maestro Sen no Rikyu che codificò un nuovo modo per bere il tè e godere di un momento unico e irripetibile: il Chanoyu. Il matcha viene prodotto riducendo in polvere finissima i fiocchi di Tencha (tè ombreggiato non arrotolato) con delle macine di pietra. Il matcha non viene infuso, ma viene frullato con dell’acqua calda con un frustino di bambù chiamato “chasen” fino ad ottenere una schiuma leggera. Ci sono moltissimi tipi di matcha: mono-cultivar o blendati, per usucha (tè leggero) o koicha (tè denso), culinario o cerimoniale. Il matcha è la pura essenza dell’umami, grazie ad un aroma estremamente ricco e intenso.
Per completezza, inseriamo in questa lista di tè verdi anche alcuni tè considerati “demonocha”, prodotti, per così dire, secondari o di scarto, eliminati durante la fase di sorting, ma comunque bevuti di frequente:
Mecha 芽茶
Tè di gemme. Normalmente, per la produzione del tè giapponese, si raccolgono diversi tipi di foglie, a partire dalle prime due (sencha) fino a quelle più grandi e mature (bancha autunnali, hojicha). Tuttavia le gemme ancora chiuse in cima al rametto, essendo molto fragili e molto ricche di acqua, si rovinano durante la lavorazione e vengono quindi separate dal resto delle foglie. Il mecha è ancora poco conosciuto ma, se prodotto con gemme di tè alta qualità, sprigiona un aroma ricco e umami all’altezza di un gyokuro ma ad un prezzo contenuto.
Konacha 粉茶
Tè il polvere o in fiocchetti sottili. E’ un tè di qualità medio-bassa utilizzato per le bustine o come tè istantaneo nei ristoranti.
Anche se in percentuale molto minore, in Giappone si producono anche tè semi-ossidati e tè ossidati. Nella prima categoria possiamo inserire oolong e tè bianchi, mentre nella seconda troviamo i tè neri. Infine, ricordiamo anche i tè scuri o fermentati come il “goishicha”.
Negli ultimi anni, il consumo di tè verde sta pian piano diminuendo, perciò molti contadini stanno sperimentando con tè più o meno ossidati per creare nuovi prodotti, ispirandosi alle tecniche di lavorazione di altri paesi come la Cina e Taiwan, da secoli abili produttori di queste tipologie di tè.
Nonostante ciò, la produzione di oolong, tè bianchi e tè neri rimane ancora molto bassa e rimangono tè molto rari, sia in Giappone che all’estero. Dal momento che si tratta di rarità molto interessanti, vale la pena dedicar loro un piccolo spazio per farli conoscere.
Tè oolong ウーロン茶
L’oolong è un tè parzialmente ossidato. Le foglie appena raccolte, dopo un breve periodo di appassimento (all’aria aperta o dentro degli speciali forni), vengono scosse per rompere le pareti cellulari, accelerando così il processo ossidativo e creando nuovi aromi. Quando si raggiunge il livello di ossidazione desiderato, le foglie vengono cotte in forni di metallo, arrotolate per dar loro la caratteristica forma arricciata, e infine asciugate. Esistono oolong giapponesi con diversi livelli di ossidazione. Sono più diffusi quelli con ossidazione più leggera, con foglie ancora verdi e aroma vegetale e floreale. Gli oolong più ossidati hanno invece una foglia dal colore bruno, un aroma più intenso e a volte leggermente tostato.
Tè nero 和紅茶
Il tè nero è un tè completamente ossidato. In Giappone viene chiamato “wakoucha” ossia tè rosso giapponese (tè nero e tè rosso sono due modi per chiamare lo stesso tè). Per produrre tè neri di alta qualità e con un buon aroma, si utilizzano delle cultivar specifiche spesso create ibridando piante autoctone con varianti della Camellia Sinensis var. assamica (camelia di origine indiana), più tanniche e dal corpo intenso. Tra le cultivar usate per questo tè abbiamo: Benifuki, Benihomare, Benihikari, Karabeni (“beni” vuol dire proprio “rosso”). Si possono anche trovare tè neri prodotti con cultivar normalmente usate per i sencha come Yabukita o Koshun, dall’aroma più delicato. Per i tè neri si usano le foglie di primo o secondo raccolto, che vengono lasciate appassire per diverse ore, anche per un giorno intero. Segue quindi la rollatura che, spezzando le cellule della foglia, fa iniziare il processo di ossidazione. L’ossidazione dura alcune ore e dà vita a tè dal colore scuro e dall’aroma dolce e fruttato, con un liquore rosso. Infine si passa alla fase di blocco dell’ossidazione tramite cottura in forni ad aria calda, che asciugano e seccano le foglie.
Tè bianco 白茶
Il tè bianco giapponese è probabilmente il più raro tra tutti i tè menzionati finora. Si tratta infatti di un “esperimento” di recente nascita, ispirato al bel più famoso Bai Mu Dan cinese. Per produrre questo tè vengono raccolte la gemma e le sottostanti 2/4 foglie. La lavorazione è tra le più semplici: le foglie appena raccolte vengono lasciate appassire e seccare al sole o in ambienti aerati. L’ossidazione non è controllata e si blocca naturalmente con l’essicazione delle foglie. Quindi viene leggermente arrostito su dei carboni per arrotondare l’aroma. La difficoltà nella produzione di questo tè sta nel riuscire a trovare il giusto equilibrio tra ossidazione, umidità, essicatura ecc. per ottenere l’aroma giusto.
Il tè bianco non è da confondere con il “Hakuyoucha” (白葉茶), il tè “dalle foglie bianche” o “golden sencha”. Questo tè infatti è “bianco” per due motivi: uso di cultivar dalla foglia albina o completa ombreggiatura. Nel primo caso si tratta di piante molto rare (es. Hoshinomidori), nel secondo caso le piante vengono coperte con diversi strati di teli scuri fino ad eliminare del tutto la luce solare e facendo diventare le foglie chiarissime. In entrambe le versioni non si tratta di veri tè bianchi, in quanto non c’è ossidazione, ma semplicemente di tè dalla foglia molto chiara, lavorati come un tè verde sencha.
Tè scuri/fermentati 黒茶
Si tratta di una categoria decisamente inusuale per il Giappone, che comprende tè fermentati o scuri, i “kurocha”, di cui un rarissimo esempio è il “Goishicha” 碁石茶 (tè a forma di pedina di “go”). Per produrre questo tè si usano foglie di piante selvatiche (“yamacha”) che vengono, in una prima fase, cotte a vapore in barili di legno e lasciate fermentare per una settimana circa (fermentazione aerobica). Nella seconda fase, il tè viene messo in contenitori di legno, i cui batteri naturalmente presenti fanno iniziare la seconda fermentazione (anaerobica), pressato e lasciato riposare per alcune settimane. Dopodichè il tè viene tagliato a cubetti e fatto seccare al sole. Ha un aroma dolce e leggermente aspro.
Ci sono altri tipi di tè scuri, come lo “Yamabuki Nadeshiko”, la cui fermentazione è controllata dall’uomo e inizia con l’aggiunta, alle foglie di tè, di una spora chiamata “kurokoji”. Il risultato è un tè dall’aroma dolce, floreale e fruttato.
Come abbiamo potuto vedere, il mondo del tè giapponesi è un mondo vastissimo e colorato: dal famoso sencha, al pregiato gyokuro, all’intenso wakoucha, a rarità locali come goishicha e kyobancha, assieme a oolong e kamairicha. Per ogni tè ci sono una storia unica, delle interessanti curiosità e la passione di generazioni di abili contadini.
Una vita intera forse non basterebbe per provare tutte le meraviglie che questo mondo ha da offrire, ma di sicuro possiamo immergerci negli aromi di questa nobile bevanda, alla ricerca di nuovi profumi e sapori e di vecchi ricordi che questi ci possono portare alla mente.
La via del tè è un meraviglioso viaggio nella cultura, nella storia e nell’arte del popolo nipponico e, qualunque sia il nostro tè preferito, sorseggiandone una tazza, ci sentiremo anche noi parte di questa avventura.
Buon tè a tutti!